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L’ingegnere
Da quando avevo conosciuto il piacere della masturbazione, mi intrigava l’idea di portare il piacere ad un’altra persona, desiderio che per molti anni rimase nel cassetto in quanto mai mi sarei permesso di chiedere ad un amico di fargli una sega. Durante una gita scolastica alle superiori accadde però che il prepotente dell’altra quinta, in preda ai fumi dell’alcol mi prendesse per i capelli lunghi che avevo e mi ordinasse di fargli per appunto un sega a coronamento della serata. Ricordo che non protestai e che quando fummo soli nella sua camera ebbi finalmente l’opportunità di prendere in mano il suo uccello e poterlo maneggiare su e giù ritmicamente. L’ira di Tommaso si affievolì quando giunse, puntuale l’orgasmo. Inaspettatamente, mentre stava per cacciarmi via, gli chiesi se potevo pulirlo, cosa che feci con una tale tenerezza che la sua proverbiale aggressività si trasformò in una pacca sulla spalla.
«Sei bravo, se continui a farmi le seghe, non dirò in giro che ti piace farle!»
Mai ricatto fu così ben accolto.
Tommaso era un bel ragazzo e di lì a poco si fidanzò con la più carina della classe evidentemente molto più brava di me.
«Lei fa dei pompini clamorosi! Tu li sai fare?»
Non me la sentii di entrare in competizione con Federica e tutto finì lì.
Per un anno sognavo di maneggiare uccelli e il sogno si avverò quando mi arrivò la cartolina del servizio militare, la migliore occasione per stare in mezzo a tanti uomini! Pensai.
Mi mandarono in una caserma di confine, Alpini, non temevo il nonnismo ma il fatto di trovare gente cattiva e severa. Una sera fui chiamato da un nonno che mi chiese di fargli la branda. Era cattivo ed era solito dare schiaffi forti sulla schiena delle reclute. «Non scopo da un mese, sei fidanzato spina?»
«No!» Risposi laconico.
«Sei finocchio?»
Non risposi, finii di fargli la branda e gli sistemai l’armadietto, prima di andarmene gli feci un sorriso, mi ero inumidito le labbra e forse lui aveva capito.
Il giorno dopo in libera uscita mi ritrovai il suo enorme uccello in mano. Appena fu marmoreo mi tolse la mano.
«Dai spogliati! Cosa credi, che sono venuto qui solo per una sega?»
Mi fece mettere a quattro zampe e il resto fu semplice. Purtroppo venne presto, capii che gli ero piaciuto, e il suo caldo seme me lo sentii tutto sulla schiena, esperienza bellissima.
Appena ci rivestimmo provai a dargli un bacio e lui per tutta risposta mi prese a pugni facendomi male.
«Coglione di un frocio, tu sei solo la mia puttana, cosa credi?»
Quella notte singhiozzai, mi sentivo il sedere come addormentato e sentivo il suo odore su di me.
Il giorno dopo mi portò in un magazzino e mi chiese un pompino.
Era il primo e lo feci bene, ingoiai per paura di prendere calci e pugni.
«Sei bravo… neanche la mia morosa ingoia…da quanto tempo spompini la gente?»
Appena gli risposi che era il primo prese a picchiarmi, così forte che fui accompagnato in infermeria dove raccontai di essere stato picchiato in libera uscita.
Raccontai tutto al ragazzo dell’infermeria, militare come me che comprese al punto da dirmi: «Senti, lascialo stare quello, stasera ti porto al cinema Jolly, lì potrai, anzi potremo segare decine di persone, che ne dici?»
Prendemmo dunque a frequentare un vecchio cinema porno dove vecchi attempati si facevano trovare col pistolino in bella vista sperando in qualche giovane volenteroso.
La prima sera segai tre vecchietti, uno di loro mi allungò diecimila lire, un altro mi lasciò il suo numero di telefono. Le sere seguenti mi attrezzai con delle salviette e mi abituai a vedere uomini con più di sessanta anni avere un orgasmo con i loro piselli circondati da cespugli bianchi, uno in particolare sembrava interessato a conoscermi.
«Verresti a casa mia giovanotto?»
Risposi di sì, in fondo lo avevo segato diverse volte e mi era sembrato fra i più gentili.
«Ho sessantacinque anni, tu?»
«Io ne ho diciannove!»
Entrammo in casa sua, un monolocale triste, dopo un po’ di riscaldamento lui mi chiese di piegarmi sul letto, dopo essersi spalmato una crema infilò il suo pisello non proprio duro nel mio sfintere anale e cominciò ad andare avanti indietro, con la mano destra mi cominciò a segare fino a quando non ebbi un orgasmo talmente forte che gli schizzai il divano, sempre penetrandomi mi dette un forte pugno in testa.
«Stronzo, cosa fai? Dopo pulisci»
Mi misi a piangere fino a quando lui finì dentro di me lasciandomi una sensazione di umido e bagnato. Dopo un gemito crollò in un sonno pesante.
Cominciai a pulire fino a quando gli chiesi se era contento del lavoro. Non rispondeva.
«Ingegnere!»
Era morto. Mi rivestii e chiamai l’ambulanza

FINE PRIMA PARTE

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